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capo ix. 163

Ma Lodovico, debole e pinzochero, non potè persuadersi di essere imperatore legittimo finchè papa Stefano V, chiamato da lui in Francia nel 816, non lo incoronò di nuovo nella chiesa di Reims: lo stesso praticarono gli altri imperatori, e quindi si radicò l’opinione che a’ soli papi si appartenesse conferire la dignità imperiale; e poichè nel jus pubblico di que’ tempi l’imperatore era considerato superiore e capo di tutti gli altri re e principi, se ne tirò la conseguenza che questi ancora fossero soggetti ai pontefici, i quali potevano disporre dei regni e dominii altrui, e toglierli o darli a cui più piaceva.

È singolare che la potestà de’ papi continuasse ad ingrandire nella opinione degli Oltremontani quando in Roma correva pericolo di andar spenta. Nel secolo X i conti di Tuscolo essendosi insignoriti della città e del castello Sant’Angelo ridussero il papato a condizioni molto ristrette; e peggio accadde sotto i tre Ottoni che tennero l’Italia dal 960 sino alla fine del secolo: i quali mirando a stabilire la loro sede a Ravenna e gelosi de’ pontefici, gli spogliarono d’ogni potestà temporale e di ogni influenza in Roma, gli dominarono, e ne fecero un istromento a’ loro disegni. Ma estinta la stirpe in Ottone III, gl’Italiani, che avevano patito grandi crudeltà dai Tedeschi, intesero a governarsi a comune; e non erano passati 50 anni dopo il 1000 che moltissime città si erano costituite in altrettante repubbliche. I papi allora risorsero, e promovendo quel moto di libertà acquistarono in breve una potenza formidabile.