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capo ix. 151

in modo che non se ne disguastassero. Dal canto loro i pontefici si riconoscevano sottomessi alla potestà imperiale, ubbidivano alle sue leggi e ne rispettavano le decisioni.

Nella costituzione dell’imperio romano gli augusti erano capi dello stato politico e della religione; perciò, come nota l’istorico Socrate gl’imperatori tosto che divennero cristiani si impadronirono degli affari della Chiesa e disposero de’ maggiori concili. I quali convocati espressamente da loro, essi gli facevano presiedere, ed essi soli avevano la facoltà di approvarne i decreti; e quello che oggi sarebbe una mostruosità da far inorridire tutti i buoni preti della curia romana si è, che il secondo concilio di Nicea fu convocato (nel 787) da una donna, per comando di lei fu trasferito da Nicea a Costantinopoli, ella ne presiedette l’ultima sessione, ella se ne fece leggere i decreti e gli approvò, e ringraziando i Padri, fu ella che disciolse la sinodo. Quella donna era l’imperatrice Irene, e quel concilio è il settimo fra gli ecumenici, cioè fra quelli inspirati dallo Spirito Santo.

Gl’imperatori regolavano altresì la disciplina interiore ed esterna; facevano leggi sui vescovi e’ cherici e’ monaci e le chiese; ne facevano sulle feste e i riti; dispensavano i matrimoni nei gradi proibiti; e decidevano fino dei dogmi, come fece l’imperatore Teodosio quando (nel 381) fattosi dare le confessioni di fede dai Niceni ed Ariani, le lesse, e di propria autorità decise ciò che si doveva credere o non credere. Giudicavano ancora le imputazioni contro a’ vescovi, come fece Costantino che giudicò San