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142 capo ix.

torità, scomunicò gli Asiatici, i quali scomunicarono Vittore. Sant’Ireneo vescovo di Lione gli fece un rimprovero, e San Policrate vescovo di Efeso gli scrisse contro una catilinaria; nè la lite restò decisa fino al concilio di Nicea nel 325.

Verso il 256 San Stefano vescovo romano ebbe un [fiero]Fonte/commento: ed. Basilea, 1847 alterco con San Cipriano vescovo di Cartagine intorno alla validità del battesimo conferito dagli eretici. L’Africano diceva che non era buono, e il Romano che lo era: scrissero l’uno contra l’altro, si dissero delle ingiurie, si scomunicarono a vicenda; e Sant’Agostino dice che Cipriano fece bene a sostenere il suo puntiglio, e che Stefano a torto voleva dettargli la legge sopra una materia non risoluta ancora da niuno concilio.

Intorno al medesimo tempo due vescovi di Spagna deposti ricorsero a Stefano che li ristabilì. Ciò era contrario alle vigenti discipline, per le quali le cause de’ preti dovevano essere definite nella loro propria provincia, ed erano vietate le appellazioni. Quindi gli altri vescovi spagnuoli se ne querelarono a Cipriano che riscrisse: al mandato di Stefano non obbedissero, e che i due deposti avevano giunto peccato a peccato ricorrendo ad un vescovo forestiero.

Verso il 311 surse nell’Africa lo scisma dei Donatisti; e l’imperatore Costantino, al tribunale di cui fu portata la causa, elesse nel 313 Melchiade vescovo di Roma con alcuni altri vescovi delle Gallie acciò la esaminassero. Il giudizio de’ quali non essendo piaciuto a’ Donatisti che tacciavano i giudici d’incompetenza, l’imperatore la rimise l’anno se-