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134 capo viii.

giovinezza ammirato in Mantova ed a Milano da principi e personaggi illustri; poi a Venezia da dotti, da prelati e da ambasciatori; indi a Roma accettissimo a cardinali e papi: sembrando quasi che la fortuna si compiacesse di allettarlo co’ suoi favori nel punto istesso in cui e’ gli dispregiava, più inteso ad erudire lo ingegno che a grandeggiare per dignità vane, di rado premio alla virtù, troppo spesso conseguite colle bassezze.

Contuttociò era ei pure fornito di quel giusto, generoso orgoglio che non è mai disgiunto dal carattere di una grand’anima: orgoglio che dista del pari dalla scimunita apatìa di animi frigidi, quanto dalla gonfia baldanza di presontuosi e vani; ma che ha origine da una esatta cognizione del proprio merito, conscio di non presumer troppo se aspira a un premio nella pubblica stima, e che invece si vede sacrificato a invide gelosie od a volgari passioni.

Non per ciò della doppia ed immeritata ripulsa nutrì egli alcun sentimento di vendetta; ma si diede ad un vivere più cauto, onde non dar presa ulteriore alle malignazioni. Questa circostanza gli fece maggiormente sentire l’incomoda situazione dell’uomo di genio costretto a vivere framezzo agli ipocriti ed agli ignoranti; e se la fortuna non si fosse compiaciuta di toglierlo dalla nullità a cui vollero condannarlo gli uomini, Frà Paolo tratto dalla sua modestia e dalla naturale sua circospezione a occultarsi, ora più che mai, agli occhi del mondo, giacerebbe un nome ignoto alla posterità, come altri tanti nati in occasioni meno propizie.