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126 capo vii.

zione e giuramento di fedeltà alla Santa Sede. Contuttociò la Repubblica considerò sempre la patriarchia di Venezia come un suo juspatronato, e i patriarchi nominati e instituiti dal senato e consecrati dai vescovi della provincia esercitarono sempre i diritti e il possesso della loro sede, senza che i papi facessero alcuna opposizione. Ma Clemente VIII aveva fatto decreto che tutti i vescovi d’Italia, qualunque si fossero le loro prerogative, dovessero andare a Roma per esservi esaminati, quasi che ivi nella scelta non si vada per favori ed interessi come e più che altrove. Morto adunque il patriarca Lorenzo Priuli, ed eletto dal senato Matteo Zane, il papa pretese che fosse obbligato anch’egli alla nuova legge. Si oppose il senato, e produsse le antiche sue ragioni; ma insistendo il pontefice, per finirla fu trovato un termine di mezzo: che Zane andrebbe a Roma, ma per mera riverenza, non per obbligo nè per esame.

In questi dissidii Frà Paolo fu consultato privatamente più volte, e alcune sue scritture fra le inedite mi sembrano di questi tempi e allusive ai narrati argomenti: le quali cose non potevano essere così celate che i malevoli non le sapessero, e ne informassero, anco ampliandole, tosto il pontefice, che certo non ne poteva essere contento. Ne vedremo gli effetti nel seguente capo.