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capo vii. 121

cui l’imperatore Rodolfo, occupato nella guerra di Ungheria e bisognoso del pontefice, cedette agevolmente. Poi il papa per vanità o per gratificarsi colla pompa pontificia i popoli, andò con seguito splendido a visitare la nuova conquista.

Ad onorarlo il senato mandò bella comitiva dei principali patrizi e assai prelati dello stato veneto, tra i quali andò per esservi consecrato Leonardo Mocenigo, eletto vescovo di Ceneda, il quale con seco si condusse il Sarpi cui prima aveva preso a suo maestro di diritto canonico. Ivi il Sarpi ebbe occasione di conoscere Gaspare Scioppio, allora giovane di 22 anni ma d’ingegno sviluppato, e che appresso divenne celebre per erudizione, maldicenza e spirito inquieto. Scioppio era luterano, ma pensava a farsi cattolico, e seguiva la corte del papa suo protettore che poi lo fece cavaliere e conte.

Sbrigato Frà Paolo di questa faccenda, un’altra gliene sopravvenne. Vertìa già da alcuni anni la famosa disputa tra gesuiti e domenicani intorno gli aiuti della divina grazia, essendo fatale che la religione debba essere perpetuamente tribolata dal genio contenzioso dei teologi. Lodovico Molina gesuita spagnuolo aveva pubblicato, nel 1518, un libro intitolato: Concordia del libero arbitrio coi doni della divina grazia, nel quale astruso argomento, scoglio di errori agli antichi ed a’ moderni, l’autore mise fuori una dottrina cui chiama nuova, benchè non la sia cotanto, nella quale concedendo assaissimo al libero arbitrio, ristringe per conseguenza gli aiuti della grazia; e poichè i frati pieni di rivalità e d’invidie non sanno far nulla se non si bezzicano