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capo vii. 117

ordinò che i banditi fossero trasportati parte in Candia, parte a Cerigo dove il nuovo clima e le infermità gli sterminarono.

(1595). Dopo questo breve contrasto passarono fino al 1595 anni di pace e buona amicizia, quando un altro se ne suscitò che pareva gravido di conseguenze più serie.

Ceneda è grossa terra della Marca Trivigiana che per vicende di guerra appartenne in sovranità ai re d’Ungheria, ai Carraresi, agli Scaligeri, ai Visconti, ma più di tutto ai Veneziani che più volte la riacquistarono, quando per armi, quando per trattati. Ma il dominio utile appartenne a’ vescovi del luogo che dilatarono la temporale loro giurisdizione su varie altre terre d’intorno: se non che vessati dai signori laici e dal comune di Treviso, nel 1337 si fecero vassalli diretti dei Veneziani a condizioni che variarono col tempo. Nel 1546 per querele de’ Cenedesi e ribellione del vescovo alla Repubblica, il senato gli tolse ogni giurisdizione temporale e mandò a governare la terra col suo distretto un podestà. Ciò nulla ostante i vescovi tentarono più volte di riprendersi la perduta autorità, e pretestando che Ceneda era feudo della Chiesa, trassero nella loro causa i pontefici, pronti sempre ad afferrare le occasioni per intromettersi in tutti i negozi, ed ingrandire; e quantunque la costanza della Repubblica rendesse inutili gli sforzi del sacerdotale orgoglio, Marcantonio Mocenigo, fatto vescovo nel 1588, volle pur ritentare le pretensioni de’ suoi antecessori. Non più vescovo e conte di Ceneda, ma vescovo e principe si fece chiamare, e