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capo vi. 103

nella vita sono una catena successiva di cause ed effetti: molto più quando si tratta di personaggi eminenti, nella vita de’ quali anco le inezie sono curiose a sapersi, apparendo come le macchiette di un gran quadro che danno risalto alle figure più cospicue, e compiono la rappresentazione del soggetto. Oltre a ciò, la varietà degli argomenti è bellezza in ogni libro; e le cose qui narrate ed in seguito, se ci fanno per qualche momento dimenticare l’uomo illustre, hanno anch’esse il loro vantaggio, pingendoci le domestiche abitudini di una casta che per molti secoli ha dominato le opinioni del mondo; e forse un acuto lettore saprà dedurne qualche utile riflessione sulla mutabilità degli affetti umani, e sui principii di interesse o di prevenzione donde troppo spesso gli uomini sogliono derivare i loro giudicii. Qui vediamo Frà Paolo onorato e stimato in corte di Roma, più oltre lo vedremo ingiuriato e vilipeso.

Restato adunque vacante il generalato, il gran duca Ferdinando, altro protettore di frati, succeduto, al fratello Francesco, raccomandò perchè fosse dato ad interim, fino al compimento del triennio, a Frà Lelio Baglioni di Firenze procuratore dell’Ordine, nel che fu compiaciuto da Sisto V; e nel seguente anno (1591) ottenne da Gregorio XIV che fosse confermato pel triennio successivo. Le quali cose benchè remote e indifferenti a Frà Paolo, gli fruttarono gravi disturbi, cui per bene intendere mi conviene tornare indietro alcun poco.

Quand’egli andò procuratore a Roma era provinciale di Venezia il padre Gabriele Dardano, di no-