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capo v. 99

alla fè, vi giuro da amico, e simili. Nel consigliare, non autorevole, ma insinuante, ed aveva l’arte diffile di far gradire i suoi consigli come se propri fossero di quelli a cui gl’indirizzava.

Che se fra tante perfezioni morali Frà Paolo non seppe esimersi da una tal quale acerbità avverso la corte di Roma, ciò vuol dire ch’egli ancora era uomo. E se i papi che si dicono santissimi e beatissimi e per soprassoma anco infallibili, nutrirono avverso di lui e si tramandarono come per fedecomesso un odio implacabile, come pretendere che un frate, con tutte le imperfezioni umane, dopo tanti torti, tante calunnie, tanti attentati contro la vita e l’onore dovesse essere più infallibile di loro? Chi ha meno ragione di accusarlo sono i Curiali, essi che mai non si stancarono di perseguitarlo vivo e di vilipenderne il nome e la memoria posciachè scese nel sepolcro. Aveva ragione Erasmo quando disse che Lutero non sarebbe mai stato un eretico se non toccava il ventre ai frati e la tiara al papa: due peccati che non si rimettono mai nè in questo secolo nè nel futuro. E Frà Paolo sarebbe stato un santo, avrebbe fatto miracoli, e sarebbe onorato di culto e di altari se non avesse scritto contro le pretese temporali de’ pontefici. Tanto è vero che in molti la religione non è altro che l’idolo delle loro passioni, e che se non esistesse un modello eterno per distinguere la virtù, troppo spesso sarebbe calunniata come specie del vizio.