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zioni confinanti tra loro, ma col pregiudizio hanno ancor forti ragioni in questo.

Dimandate per curiosità, come ho fatto io ai toscani, se nè pur conoscono le poesie del Vettori, del Gozzi e de’loro compagni, e se le conoscono dimandate il conto che essi rx f.inro. Questa profanazione della lingua toscana mi par piìi grav« per colpa de’poeti o berneschi o burchielleschi o fidenziani, o che so io. E Io stesso direi di molti altri generi della poesia vostra, ma basti in generale il conoscere l’intemperanza del poetare in Italia per esser convinto del male.

Sopra la quale pensando io stesso ho fatta qualche riflessione, che pregovi di esaminare. Gl’itali ini, mi sembra, hanno una lingua sì armonica, sì lucente, sì ricca, che niente lor costa far versi, ed è difficile il farli assolutamente cattivi. Per poco d’orecchio che uno abbia, un poco di lettura di drammi, anche solo di Metastasio, fa de5 versi passabili e dei buoni talora eziandio, onde vien forse che anche le poetesse non son rare in Italia. Ma in una tal lingua