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rlalmente. Converrebbesi convertire ogni lo.

ro studio in giuochi, in movimenti, in esperimenti, se fosse possibile, e noi tutto vogliamo in serietà ed immobilità. Dovrebbero aver compagni amabili e allegre conversazioni, e si obbligano a vivere con Tullio, con Ovidio, con Prisciano, a conversar con la carta, coi libri, co’ maestri e professori d’università, che al sol vederli con qjie’ gran collari e toghe e parrucche, ma sopra rutto con quel sopracciglio e con quella gravità pedantesca metton tristezza; in fine ài primo goder della vira la piti vivace son cc.

stretti i meschini a parlare ima lingua morta, a studiar morti autori, a vivere con pedagoghi mortuali.

Ma come sono io venuto a parlar dell’educazione partendomi sì da lontano? Un po’ d’inglese entusiasmo m’ha rapito, è vero, »na non fuor di proposito. Vedete pur chiaramente, che il maggior vizio dell’educazione vien dal troppo ostinato accecamento verso gli antichi. Le vesti stesse anche tra le nazioni che han turro rimodernato, le vesti e i collari lo dimostrano. V5 ha un aristo-