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INTRODUZIONE



Nella prima metà del ’400, ovunque, per le città d’Italia, apparisse la scarna piccioletta figura di un francescano senese, il popolo traeva in massa ad ascoltarne la viva parola, e perché non sempre le chiese bastavano a contenere la moltitudine, accadeva che “il Predicatore della virtú e della pace” parlasse nelle aperte piazze per emendare i vizi e gli odî profondi di quei cittadini che pur tanti e cosí preziosi tesori di bene e di giustizia serbavano nell’animo.

Era quello un periodo laboriosissimo. Crisi morali e politiche affaticavano lo spirito degli italiani; la fame, la pestilenza, le fazioni andavano seminando la morte; il costume si rammolliva sempre piú, sicché ben presto di masse snervate e infrollite avrebbero avuto ragione e l’accanita violenza delle parti e l’astuta prepotenza dei tiranni. Le persone colte, i letterati, gli artisti erano tutti intenti a dissotterrare classiche forme di bellezza o a decifrare scritture antiche. Ma soprattutto pensavano a darsi bel tempo. Le turbe scarmigliate dei flagellanti erano ormai passate e con essi le loro fanatiche paure.

La Cristianità era allora lacerata dallo scisma. Spezzata l’unità disciplinare, sovvertito il principio di autorità, prosperavano nel campo della Chiesa le male erbe della simonia e della corruzione, mentre l’eresia e lo scetticismo andavano preparando il terreno, nel quale un secolo piú tardi, in un attimo, avrebbero germogliato i semi della rivolta religiosa, gettati a larga mano da un monaco tedesco, Martin Lutero.

Anche gli ordini religiosi risentivano non poco di


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