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ii. lettera semiseria di grisostomo 47


I popoli colti d’una parte della Germania, pe’ quali il Bürger cantava, sono inclinati all’entusiasmo. Avidi essi di emozioni, non aspettano che quelle vengano di per sé; ma per ottenerne, si aiutano fin anche del meditare. Il bisogno fortissimo di emozioni nasce in loro, se mal non veggo, per la mancanza di una continua varietá di oggetti esteriori che possa occuparli e muoverne gli animi piacevolmente. E questa mancanza è prodotta dalle circostanze politiche, da quelle del clima, della geografia loro e della loro vita sociale. Ma le circostanze medesime, se per un riguardo gli offendono, servono per un altro a rinforzare notabilmente la loro riflessione, allorché la noia gli obbliga a concentrarsi in se stessi, a ripiegarsi nell’animo proprio, onde provarne il moto che li faccia accorti dell’esistenza. Educati cosí alla meditazione, non di rado giungono essi a scoprire qualche lato importante e patetico nelle cose, in cui sguardo superficiale nol vede. Tosto che l’hanno adocchiato, eglino vi si affezionano e s’infervorano; e l’amore di una parte tira seco l’amore del tutto.

Con ciò viene a spiegarsi per noi da che provenga l’affettazione di certo «sentimentalismo» che governa spesso il discorso de’ romanzieri del nord, e che male è imitato da’ romanzieri di Francia, e mal sarebbe da que’ d’Italia; perché posa su pensieri ed affetti che non sono sentiti in Francia e in Italia né da chi scrive né da chi legge. Quante volte l’uomo del nord, viaggiando in Italia, non fa egli strabiliare gli ospiti suoi, parlando ogni tratto di sensazioni domestiche, di piaceri segreti dell’animo, di simpatie recondite, di compassioni prodigalizzate a un fiorellino del campo, di lagrime sparse per pietá di un asinello defunto, di memorie lugubri suscitate in lui dalla menoma novitá di nugoloni colorati! Pare a noi che egli allora monti sull’ippogrifo. Eppure chi sa che per lunga assuefazione egli non abbia il cuore, troppo piú che noi non ci figuriamo, pronto a palpitare per tante fantasie?

A quelle docili immaginazioni bastò quindi pensare che la finzione dell’Eleonora era omogenea ed analoga alle tradizioni popolari, perché a lei anche estendessero il vero di opinione