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Esente dalla comune febbre letteraria, l’invidia, il Santillana, venuto in cognizione d’un altro ingegno che viveva nella oscuritá, gli corse incontro spontaneo, lo trasse alla corte del re Giovanni secondo e lo protesse con sincera e costante amicizia. Questi fu Giovanni de Mena, la di cui facoltá poetica, ad onta d’una eccessiva stravaganza di fantasia, è superiore a quella del Santillana. Il De Mena, quantunque ingannato del pari che il suo protettore dalla universale pedanteria e trasandato dietro ad essa, ottenne nella sua patria il soprannome di «Ennio castigliano», forse per averle regalato un poema di maggior mole che non quelli de’ suoi predecessori. Un rispetto, disceso per tradizione da padre in figlio, conserva a lui tuttora in Ispagna quel soprannome: diciamo «rispetto di tradizione», da che le opere del De Mena sono oggimai piú spesso nominate che lette. La piú famosa di esse è un poema allegorico-storico, intitolato El labyrinto. Eccone in breve l’argomento:

Il poeta si propone di contare le vicissitudini della fortuna. Sente egli la difficoltá dell’impresa, ed è quasi smarrito innanzi all’altezza del soggetto: chiama in soccorso Apollo e Calliope, manda un’apostrofe calda alla Fortuna; nessuno risponde. Finalmente gli appare la Provvidenza; gli fa da guida e da maestra, e lo introduce ella nel palazzo della Fortuna. Prima di tutto egli vede da colassú la terra, e ne fa la descrizione geografica; poi scopre le tre grandi ruote che volgono i tempi, passati, presenti e futuri. Ogni ruota si compone di sette circoli, emblemi allegorici dell’influsso de’ sette pianeti sulle inclinazioni e sulle sorti umane, secondo le misere dottrine astrologiche d’allora. In ciascun circolo v’ ha gente infinita: i casti nel circolo della Luna, i guerrieri in quello di Marte, i sapienti in quello di Febo, e cosi degli altri. La ruota del tempo presente è in movimento; le altre due no. E quella del futuro è coperta di tal velo, che, per quante forme ed immagini d’uomini vi appariscano, non ne lascia distinguere alcuna.

Dietro questo pensiero generale il poeta, parlando di ciò che vede, oppure conversando con la Provvidenza, dipinge tutti i personaggi importanti de’ quali ha notizia, ne descrive i caratteri,