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xii. articolo sopra un articolo 125


Ma la vera idea del suo poema Dante non la derivò da altro che dal suo animo nobile e caldo di generosa onestá. «Egli da sé solo concepí e mandò ad effetto il disegno di creare la lingua e la poesia d’una nazione, di rivelare le piaghe politiche della sua patria, di mostrare alla Chiesa ed agli Stati d’Italia come l’imprudenza de’ papi e le guerre intestine delle cittá e la conseguente introduzione di eserciti stranieri trarrebbero seco di necessitá la devastazione e la rovina dell’Italia. Egli pensò nientemeno che a farsi riformatore della morale, vendicatore dei delitti e mantenitore della ortodossia nella religione». Questa è ben altra originalitá di concetto che quella delle visioni de’ frati, prese tutte in un fascio.

La Rivista fa poco conto del libro del signor Cancellieri, perché davvero è d’indole tale da non se ne poter far gran conto. Il signor Cancellieri è uomo erudito assai; aveva bisogno di sfogar la sua erudizione: però ha fatto che il libro servisse ad essa, e non essa al libro. E la veritá è che egli lo termina senza terminar la quistione pigliata a trattare.

Bisogna dire che il prurito di far pompa d’erudizioni, quantunque non cadano a proposito, salti addosso talvolta con irresistibile ostinazione anche alla gente di giudizio; da che pare che anch’essa la Rivista d’Edimburgo in questo articolo medesimo se ne lasci vincere un pochetto. Ma le semplici erudizioni giá si sa che non costano molto; e gli uomini sono facili a scialacquare le sostanze acquistate senza sudori.

Ben piú lodevole parmi la maniera con cui la Rivista ci dá un quadro rapidissimo della condizione d’Italia da’ tempi di Gregorio settimo fino a quelli di Dante, onde convincerci sempre piú dell’alto intendimento che resse i lavori del poeta. Troveranno i curiosi in quel quadro alcune idee, se non nuove, almeno nuovamente e fortemente sentite, sulle opinioni religiose d’allora, sul carattere di Gregorio, sulla politica di lui, sulla origine e su’ primordi della libertá delle cittá d’Italia; libertá alla quale, in certo qual modo, contribuí l’ambizione stessa di quel pontefice.

Considerando attentamente la natura dei tempi di Dante, sbalza agli occhi chiarissima l’intima relazione che esisteva tra