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I.E FANTASIE
Purpureo ecco il garofano
sbiecar d’in sui virgulti
dell’odorato amaraco,
del dittamo vital.
Per tutto è moltitudine;
è un di come di festa.
Donne che su i veroni
sfoggiano in gaia vesta;
giú tra la folla un séguito
d’araldi e di baroni,
che una novella spandono
come gioconda a udir.
Ma che parola parlino,
ma che novella sia,
ma che risposta renda
chi grida per la via,
noi può il sognante cogliere,
per quant’orecchio intenda:
è gente che con l’italo
non ha comune il dir.
Que’ suoi baroni emergono
segnai d’un di vetusto:
è ferreo il lor cappello,
è tutto maglia il busto:
tal fra le vòlte gottiche
distesa in su l’avello
gli avi scolpian l’effigie
del morto cavalier.
Passan da trivio in trivio,
dar nelle trombe fanno,
cennan che il popol taccia,
parlano. Intente stanno
le turbe. E plausi e battere
di palme a quei procaccia
sempre il bandito annunzio,
sovra qual trivio il dièr.