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— Oh ti sveglia ! ti sveglia, re Svardo, troppo dormi, e t’è d’uopo di manco. È lá in letto il re giovane Abore 210 con la nobil Signilda al suo fianco. — Certo no, del re giovane Abore, di lui certo non è che dir vuoi; ei da un pezzo è fuor lá in oriente a far d’armi, a guerriar con eroi. 215 Di lui taci, o maligna; né tante a calunnia di lei far parole; arder te ben farò domattina, domattina anzi al nascer del sole. — Oh, m’ascolta, mio nobil signore! 220 se non tieni tu me veritiera, ecco qui la lucente sua spada, e altresi la sua azzurra panziera. — Deh, re Svardo, quant’ira lo prese! pel castello quai gridi mandò! 225 — Su, miei forti baroni, su tutti! qui un campione terribile entrò. Date mano alle spade, agli scudi; non adesso falsatemi il giuro ! È nostr’ospite il nobil re Abore, 230 il re Abor quel dal collo si duro. — E a percuoter nell’uscio fúr tutti colle spade, coll’aste e gli spiedi: — Olá t’alza! esci fuor nel cortile! olá, giovane Abor, fatti in piedi ! — 235 Dava ascolto la nobil Signilda e le pugna stringeva in affanno: — Che è mai questo, o re giovane Abore? senti fuor lo schiamazzo che fanno ! — La man presto ei portò al capezzale; 240 piú la buona sua spada non v’era: — Sorgi, sorgi, mia nobil Signilda, qui vuol esser tenzone assai fiera! — G. Berchet, Opere - 1.