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III Son disfatte le siepi sul colle, che fiorivan di bei gelsomini: gramignose verdeggiali le zolle dove prima era pesto il cammin. Son divelti o scavezzi gli abeti, al cui rezzo sedea il passegger. Dove prima eran freschi mirteti, oggi è il cardo increscioso a veder. Come tutto qui l’anima serra! Chi, a pensarvi, potrebbe mai dir: — Di Monforte ella è questa la terra; per qui vassi al castello del sir! — Non s’ascolta nitrire un cavallo, non si vede lanciare un falcon; non un veltro che latri dal vallo o squittisca sul cervo al burron. Da Monforte persona non viene, a Monforte persona non va: strada mesta! chiunque la tiene perso è in dubbi che scioglier non sa. E il romeo la teneva; salia con la mano sul trepido cuor. Non la sera per anco imbruma, e giá un gufo metteva stridor. Sola voce che vien da Monforte, gli fa il sangue repente gelar: oh, sarebbe mai l’angiol di morte sul castello disceso a posar? A ogni passo ch’ei fa su per l’erta, guarda innanzi sperando qualcun; dá l’orecchio nell’aria deserta, ma non vede, non sente nessun.