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POESIE POLITICHE E ROMANZE
Ma fu un lampo. Del romito
le pupille venerabili
una lagrima velò;
e l’estranio, impietosito,
ne’ misteri di quell’anima
sospettando penetrò.
Ché un di a lui, nell’ aule algenti
lá lontan su l’onda baltica,
dall’Italia andò un romor,
d’oppressori e di frementi,
di speranze e di dissidii,
di tumulti annunziator.
Ma confuso, ma fugace
fu quel grido, e ratto a sperderlo
la parola usci dei re,
che narrò composta in pace
tutta Italia, ai troni immobili
plauder lieta e giurar fé.
Ei pensava: — Non è lieta,
non può stanza esser del giubilo
dove il pianto è al limitar. —
Con inchiesta mansueta
tentò il cor del solitario,
che rispose al suo pregar:
— Non è lieta ma pensosa,
non v’ è plauso ma silenzio,
non v’ è pace ma terror.
Come il mar su cui si posa,
sono immensi i guai d’ Italia;
inesausto il suo dolor.
Libertá volle; ma stolta!
credè ai prenci e osò commettere
ai lor giuri il suo voler.
I suoi prenci l’han travolta,
P han ricinta di perfidie,
l’ han venduta allo stranier.