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Né io sarò accusato di malignitá, se, togliendomi alla comune sentenza, mi appiglio a quella de’ mantinesi, di Orazio e dell’evangelista san Giovanni, il quale, nel canto trentesimoquinto del Furioso, con bella filosofia assicura Astolfo che «Penelopea fu meretrice» . 4. Vedovar Santo. — «Né vi ha una sola decina o due di proci, ma assai piú. Eccotene a un tratto il numero. Cinquantadue giovani scelti vennero da Dulichio accompagnati da sei servi, ventiquattro da Samo, venti achei da Zacinto, e sono dodici quelli d’ Itaca istessa». Omero, Odissea, libro xvi, v. 245 e segg. 5. Non tu Venere santa. — Sieguo la dottrina delle due Veneri. «Perché non sono due dive? L’una di esse è al certo piú antica, figlia del Cielo, e senza madre, e la chiamano Urania; l’altra piú giovane, figlia di Giove e Dione, e l’appelliam popolare» (Platone, nel Convito). «E l’una [chiamiamo] Urania, per l’amor puro e scevro della libidine corporale: l’altra popolare, pe’ congiungimenti» (Pausania, nella Beotia, c. 16). 6. Olenti della rosa... Munsulmano. — Squisitissimo unguento rosato, cosi detto «del Serraglio» . 7. Sulla smorta guancia della fanciulla. — Quando l’anima non ha perduta affatto l’ ingenuitá, la passione si manifesta dal volto dell’ innamorato. «Non fu malagevole al medico Erasistrato l’accorgersi dell’amore di Antioco... Avvenivano in lui tutti quegli effetti che provava Saffo, reprimente di voce, rossore infocato, ecclissamento di occhi, subito sudore, ineguaglianza ne’ polsi, e alla fine, rimanendo l’animo a viva forza vinto e superato, perplessitá, stupore e pallidezza: ben quindi raziocinò Erasistrato, con deduzion convenevole, essere il figliuolo del re innamorato» (Plutarco, nella Vita di Demetrio). 8 . Al digiuno scudiero assiderato . — «Nous autres écuyers des chevaliers errants, nous sommes toujours á la veille de mourir de faim et de soif» ( Histoire de l’admirable don Quichotte de la Manche, capo 31). 9. Irrorati cresceranno di pio latte i giacinti. — Era costume ne’ funerali sparger latte sulla tomba. Inferimus tepido spumantia cymbia lacte. (Virg., Aeneid., lib. ni.) 10. Dall’atterrito Epimetèo. — Immemore Epimetèo del comando che gli aveva fatto il fratello Prometeo di non ricever doni da Giove, accolse Pandora e la coppa fatale che versò tutti i mali sulla terra. Vedi questa favola cantata distesamente in bei versi da Esiodo. 11. Oltre la cara speme. — «Ma la donna [Pandora], levando il gran coperchio del vase, gli sparse con mano [i mali], e si fabbricarono ai mortali le funeste cure. Sola restò la speranza nell’ immota sede sotto gli orli del vase, nè fuori volò, poiché prima gli ripose sopra il coperchio, giusta i consigli dell’ egioco Giove adunatore di nubi» (Esiodo, Opere e giorni, versi 94 e segg.).