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324 POESIE GIOVANILI E TRADUZIONI
del novellar la noia ed il pesante
ioo calcol troncò delle ricolte. Allora
per estranie cercar case fu visto
lo sposo di compagni alcun sollievo,
ché tutti per Elvira il lasciar solo.
Molti ne sprona a visitarla il caldo
105 desio d’onor, ché in sua magione è aperto
campo di gloria a nobili intelletti.
Quivi le lunghe sere, interi giorni
sudar puossi sul fante e trionfarlo.
E chi nome desia nella cittade
no di cercato zerbino, a lei, che leggi
detta al bel mondo, accorre. Alcuna speme
non abbia mai che le terrene dive
l’accolgan ne’ lor templi a gara, il tristo
che pria non salutò l’are d’ Elvira.
115 E che non vale a procacciare amici
peregrina una mensa? O Laerziade,
alla non sempre inconsolata sposa (3),
quando per tante prode mareggiavi,
chi il tetto popolò? Non lo splendore
120 de’ protervi occhi ed i fucati accenti,
né le scaltre feminee arti che tutte
ella sapea, de’ loricati achivi
vedovar Samo (4), cui l’ Ionio mare
con poca onda dall’ardua Itaca parte,
125 e Dulichio e le selve di Zacinto;
ma il mugghiar degli armenti e i colmi dogli
e la fragranza della pingue uliva.
Godi, Elvira, de’ tuoi vantati affetti
e dell’ insulso folleggiar. Ma a tali
130 curvi nel loto in mezzo, a cui la grama
spendi tua vita, non ardir di amanti
dar nome mai. Ché sé un sospir ti suona
pure all’orecchio, e te talor blandisce
una lusinga, al giovine procace
135 la paludosa Venere l’insegna;
non tu, Venere santa (5), alma de’ cieli
delizia, e nume a poche anime in terra.
E noi salvi, o Filandro, il buon destino