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140}}Dal trivio ignoto immantinente emerse,
Mal la paterna lesine sovrasta,
Nè dan lustro le forche; ond'è sì bello
Lo scordarsi dell'avo. I molti invece
Aurei segni racconta, ingombratori
145Del vasto petto del defunto, e come
Sotto lucide spoglie immacolati
Della mente i segreti e acuto il senno
E'l saver di profondo egli serbava.
Ahi! di fole maestro, e che ci narri
150Tu di virtudi? a noi non noto il vero?
Ma che non può il bisogno in noi mortali ?
Siccome un dì per punimento atroce
Di Cerere divina, a cui recisa
Colla profana scure avea la cara
155A lei sacrata selva, estenuato
Piangea di fame (miserando obbietto)
Per i tessali campi Erisittone:
Tal costui dal digiuno perseguito
Pane pane cercava ad ogni patto;
160Quando il vizio gli apparve, e oh! meschinello
Vate, disse, spolpato, a che ti struggi ?
Su su mi loda, e di bei panni adorno
Fammi se sai ; chè satollarti io posso.
Egli l'intese, e per li vuoti fianchi
165Sentia più fiero stimolarlo il crudo
Di vivande bisogno; allor la macra
Obliava canzone alla recente
Vestale ordita, e Nice invan chiedea
Che pel di di sue nozze, ai già sudati
170Tredici versi anco l'estremo unisse.
Que' sublimi argomenti a cui sortillo
L'intonso Nume, ahi! rovinar fur visti
Spietatamente, a nulla cosa il vate
Più non drizzava il divin estro ardente,
175Che a scolpir l'epitafio, a finger pianti
Del lietissimo erede, onde poi larga
Al bramoso suo ventre esca venìa.
Ogni cosa compiuta, un ordin lungo
Di negri sacerdoti, e bianchi e bigi,
180Con