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insieme zelante delle arti di pace, adorno delle piú amabili virtú, amato da tutti, egli visse fino al quadragesimoquinto anno di sua etá, in cui fini la sua luminosa carriera per una lenta consunzione che lo distrusse nel palazzo di Westminster. Cosi egli soggiacque al destino, lasciando dietro a sé gran fama e gran pianto. Accorato il padre della perdita di un figlio di si alte speranze, non gli sopravvisse che un anno. 18. Splendida corre la dorata nave. — Allegoria bellissima del regno di Riccardo secondo, figlio e successore di Odoardo terzo. Signoreggiavano nella di lui corte il lusso, la voluttá, il piacere. Giovine egli ed inclinato alla licenza, non favoriva che i simili a lui; fra questi Roberto Vere, giovine di tutta avvenenza ma di perduta morale, che da semplice conte di Oxford fu da lui innalzato a duca d’ Irlanda coll’ intera sovranitá durante sua vita in quell’isola, non per altro merito che per quello di servire in tutta l’estensione del termine alla libidine reale. Fu tanta la superioritá guadagnata da questo ribaldo sull’animo di Riccardo, che nulla 0 di poco o di sommo rilievo deliberava questi senza l’assenso del favorito; il quale, re in fatti, non ne lasciava all’altro che il nome. L’ invidia, dote eterna de’ cortigiani, si sollevò alla vista di tanti favori, e accese dissensioni civili, che finirono con ristringere sommamente l’autoritá regale. Parve che il re si scuotesse dappoi dalla sua abbiezione, rivendicando con un passo risoluto tutti i suoi diritti. Ma l’ozio e il troppo amor de’ piaceri e l’amicizia ch’egli accordava a persone di vii condizione e di piú vili pensieri non gli mantenevano lungamente il rispetto de’ sudditi. Effeminati i ministri imitavano il loro sovrano e nulla cura prendevansi degli affari dello Stato; finché il conte di Hertford duca di Lancaster, punto dei mali trattamenti a lui fatti, gli preparò una ribellione che lo trasse dal trono. Il popolo, stanco del mal governo, vide lui strascinato di cittá in cittá e servire al trionfo del vincitore, né mostrò per lui compassione; imprigionato poscia strettamente nella Torre, caricato d’insolenze, caduto d’animo, sottoscrisse forzatamente un atto col quale rinunziava alla corona come incapace di governare. Su questa carta fondò il duca le sue principali pretensioni, e ’l parlamento vendibile lo elesse re col titolo di Arrigo quarto, ad esclusione del duca di York, a cui poteva spettare il trono per non avere Riccardo alcun figlio. Di qui incominciarono le famose contese tra le case d’York e Lancaster che per tanti anni innondarono di sangue l’Inghilterra. Il deposto monarca ebbe a soffrire disagi d’ogni sorta nella sua prigionia, che non durò però molto, perché Arrigo, a cui i giorni di Riccardo erano cagione di timore e sospetti, ne ordinò segretamente la morte. I piú recenti istorici vogliono ch’egli fosse assalito da nove sicari nel castello di Pombret e che, dopo aver tentato ogni sforzo per difender la vita, uccidendone anche quattro, sovverchiato dagli altri, cadesse sotto 1 loro ferri. I piú antichi però si accordano nel far lui morto di fame, non diversamente del nostro conte Ugolino.