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VECCHIE ROMANZE SPAGNUOLE
E afferratol pe’ capegli,
ne fe’ getto ad un alano:
e Palan, che è del maestro,
ponel sovra un soppidiano.
E’ die’ tanti abbaiamenti,
che il palazzo rintronò.
Al frastuon di que’ latrati,
re don Pedro dimandò:
— Chi fa male a quell’alano?
perché abbaia? con chi l’ha? —
Rispondeano incontanente
quanti mai sentian pietá:
— L’ha, signor, con quella testa
del maestro fratei tuo. —
Li parlava una sua zia,
ch’era zia di tutti e duo:
— Quanto, o re, mal avvisaste !
quanto mal! con che gran torto!
per amor di mala donna
tal fratello avete morto ! —
Ella ancor non l’ha ben detto,
che a lui duol giá quella morte.
Corre ov’è donna Maria;
e lá parla di tal sorte:
— Su ! a brancarla, miei scudieri !
stretta ben la mi si tenga!
io darolle tal gastigo
che in proverbio d’ ognun venga. —
E in un carcere ben buio
la mandava imprigionar.
Ei medesmo di sua mano,
di sua man le dá a mangiar.
Non si fida di nessuno:
dentro lá non vuol nessun,
salvo un paggio ch’ei creava,
salvo appena quel sol un.