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IL CONTE GRIMALDO E MONTESINO
— Sia, se il vuol l’Altezza Tua,
sia l’esiglio; vi consento.
Ma menti, ma fu bugiardo
chi m’appose un tradimento.
Del tradire io non so Parti,
né pensai malvagitá;
e farò, se Dio mantienmi,
veder io la veritá. —
Dispettato, usci a cercare
di Olivier, di don Rolando:
e con lor la sua innocenza,
il suo duol venia sfogando.
Cosi d’uno amico in altro
per le vie facea passaggio,
dando a tutti un gramo addio
pria d’andarne al suo viaggio.
La contessa n’ebbe avviso.
Fu a Parigi, non tardò:
senza pur vedere il conte
dritto al re in palazzo andò.
Scolpò il conte, chiese grazia,
pregò almen chiarito il ver.
Ma non valse. Il re le impose
fieramente di tacer.
Lagrimando pel marito
ella scese, e n’andò in traccia:
lagrimando, singhiozzando,
si gittò nelle sue braccia.
Quel che diconsi l’un l’altro
è ad udirlo una pietá:
— Ah ! la bella nostra pace
a un tal fin riuscirá!
Altra, il di delle mie nozze,
altra speme han dato a me!
Ora è tempo, mio buon conte,
ch’io vi chiegga una mercé.