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e dir quel ch’ei non solea,
e mutar cosi natura.
— Che pensier vi va pel capo,
conte mio, che v’impaura?
— Gran dolor, signora mia,
pel pensier mi vanno in volta.
Da un mal sogno, un sogno tristo
tutta l’anima ho sconvolta.
Sebben fé non diamo a sogni,
non so parte ove ’l gettar:
tanto vera come il vero,
vidi un’aquila volar !
Sette falchi a travagliarla
la seguian con fieritá,
ella intenta a trarsi in salvo,
rifuggi alla mia cittá.
Sul comignol d’una torre
fermò il volo: e assisa in alto,
fuor del becco mandò fuoco,
fuor dell’ali mandò asfalto.
Tutte poscia e torri e case
arse il fuoco uscito a quella;
arse a me la barba mia,
arse a te la tua gonnella.
Certo un sogno come questo
non vuol dir che mali eventi:
quindi fu che voi, contessa,
mi sentiste far lamenti.
— Vel mertate voi, buon conte,
se malurie queste son.
Van cinqu’anni che vi state
qui a governo di Leon;
e in cinqu’anni né una volta
a Parigi andaste, al re.
Star cinqu’anni, o conte mio,
senza in corte metter piè?