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stendere lungo la valle dell’Adige e per le vallate
ladine i tentacoli formidabili dell’intedescamento.
Interessi di tutte le sorta, influenze di tutti i
generi, religione, cultura, ogni forza, ogni sapienza,
ogni abilità, sono stati messi in opera, metodicamente,
con l’appoggio possente della legislazione
statale, con l’opera multiforme di ricche associazioni
sovvenzionate dal Governo, per assorbire
una nazionalità senza soccorso e avanzare sulle
sue rovine la frontiera del blocco germanico. La
guerra ha accelerato questo processo che dura da
trentanni. Trent’anni fa non c’erano che scuole e
chiese italiane nelle zone italo-ladine. Allo scoppio
della guerra, nel territorio mistilingue la predica
era ancora tenuta una volta in italiano e una
volta in tedesco — l’italianità è dura a digerirsi:
— ora solo in tedesco. Il regime militare ha favorito
l’applicazione di metodi sbrigativi, che, come
abbiamo visto, continuano. La guerra delle razze
non ha avuto armistizio, non è stata fermata dalla
vittoria.
Adesso, i dirigenti tedeschi non hanno che una paura: quella di vedersi imitati. Reclamano clamorosamente il rispetto della loro nazionalità, della loro cultura, delle loro leggi, quasi che si potesse usare un rispetto più grande di quello che abbiamo dimostrato finora. Vogliono un’autonomia completa, amministrativa e legislativa, che permetta loro di chiuderci la porta in faccia e di tirarsi in casa tutte le genti che fanno passare co-