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hanno espresso un pensiero uniforme con una impressionante identità di espressione: «Bisogna che qualcuno comandi. Meglio un governo cattivo che nessun governo!». In somma, ci dicono: Governateci una buona volta, o bene o male che sia! È proprio l’unica cosa alla quale non si è pensato. Gira e rigira, quello che manca qui è soltanto un governo. Rimaniamo indignati a vedere intatto su questo rottame dell’Austria, tenuto a galla per inerzia, tutto quello che l’Austria ci aveva messo contro di noi; abbiamo il senso di una terribile rivolta quando ci accorgiamo che l’italianità è combattuta nelle scuole, nelle amministrazioni, nei tribunali, da quelle stesse persone che la combattevano prima per dovere d’ufficio, ma non c’è rivolta, non c’è trasgressione, non c’è che ordine perfetto. La semplice realtà è che ci siamo dimenticati di imporre un mutamento.

Il problema della sistemazione ci ha sorpresi, era nuovo, necessitava qualche conoscenza, comportava delle responsabilità, non appariva suscettibile di divenire pericoloso se non in un avvenire troppo vago per interessare degli uomini politici: dunque, poteva aspettare. Si è andati avanti giorno per giorno, senza decidere niente, transigendo, adattandoci, tollerando. La questione è passata da una mano all’altra come il cerino acceso nel giuoco di società la cui fine non riguarda che colui che ci si scotta le dita. Fra il Ministero Orlando, il Governatorato militare, il Ministero Nitti, l’Ufficio