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314 lettere dal mare

fra l’arco dei grappini e le mine di qualche sbarramento. E il sommergibile, che è cieco sott’acqua e appena guercio sopra, non capisce, finché sente degli strusciamenti inesplicabili sulle sue pareti. Subito dopo sobbalza percosso da scoppi infernali, di cui non sa rendersi conto, e fugge disperatamente, stordito, stupefatto, abbuiato.

Nei momenti più critici, spesso il comandante di un sottomarino deve fare uno sforzo sovrumano per capire, per sfondare le tenebre che lo avvolgono. Egli deve meditare, dedurre, calcolare, essere la macchina impassibile e veloce del ragionamento. Non sapere è terribile.

Di tutte le sensazioni dell’incomprensibile, una delle più atroci è forse quella della immobilità improvvisa, l’accorgersi che qualche cosa di poderoso ha preso il battello e non lo lascia più. L’uomo si sente definitivamente sepolto. Egli è prigioniero del sommergibile, il sommergibile è prigioniero del mistero.

È l’avventura di un sottomarino inglese. Navigava affondato presso a dei forti nemici, quando sentì un breve e sonoro strisciare metallico sui fianchi e una piccola scossa. Le eliche levarono il frullìo profondo che indica il giro a fermo, quando le pale turbinano nel vortice e non spingono più. Il sommergibile era immoto. Tentò subito di ritrarsi. Marcia indietro a tutta forza! Non si mosse. Avanti ancora! Niente.