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20 capitolo ii.


mobile, egli consulta le carte alla mattina, prima di lasciare una tappa, e raramente ha poi bisogno di riguardarle; ricorda i bivii, le orientazioni, le distanze, i nomi dei paesi, e li indica ai compagni di viaggio come potrebbe farlo una guida.

Se a noi fosse possibile di ricordare tutte le cose che abbiamo veduto, udito, e letto nella vita, possederemmo la più vasta, varia e profonda cultura. Il Principe Borghese è infatti di una cultura rara; ed ha uno spirito sagace e freddo che a questa cultura ha messo un ordine. Nella sua mente presiede una calma che fa da bibliotecario. La calma, la riflessione, la logica, danno al suo pensiero una chiarezza matematica. Egli elimina tutti gli elementi emotivi che turbano la visione delle cose, che deformano il valore dei fatti. La sua potrebbe essere l’anima di un generale o d’un giudice. La simpatia per qualcuno è in lui un sentimento raro, ma la sostituisce con la stima, che forse vale di più perchè risponde a un merito. Ed egli sa conoscere i meriti; sa calcolare perfettamente la potenza d’un cervello o d’un braccio, la forza e la resistenza d’una macchina. La sua organizzazione della corsa Pechino-Parigi è tutta una dimostrazione di questa sua capacità di calcolo.

Al calcolo bisogna aggiungere la volontà. Una volontà che il Principe Borghese esercita su sè stesso prima che sugli altri. Quando a chi collabora con lui in qualche impresa domanda un sagrificio, egli è il primo a compierlo. Per raggiungere uno scopo sa imporsi la fame, la sete, la fatica, dicendo: Non ho fame, non ho sete, non sono stanco. La sofferenza sua, e la sofferenza dei compagni, non hanno per lui alcun valore di fronte al fatto che bisogna raggiungere la mèta. La sensibilità in certi casi non è che una dispersione d’energie. Egli attribuisce alla mèta una importanza suprema. È come se avesse assunto con sè stesso l’impegno assoluto di conseguirla, e non volesse mancarsi di parola a nessun costo. In ciò è il segreto di tutti i grandi successi. Dove vuole arrivare egli arriva, impegnandovi razionalmente ogni sua attività ed ogni mezzo del quale può disporre. Ne fa una questione di amor proprio, cioè di ambizione. E l’ambizione, se è un