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376 capitolo xvii.


folaghe dal volo goffo, e vere nugole di cornacchie dal petto bigio, le quali talvolta sopraffatte dalla velocità dell’automobile, svolazzando come impazzite, finivano per urtarla, e cadevano in uno starnazzamento di agonia. Una quantità di farfalle rimaneva attaccata al radiatore, che ne era tutto costellato come una tavola da collezionista.

Noi eravamo felici di riprovare, dopo tanto tempo, la voluttà della gran corsa. Con l’orologio alla mano contavamo i pali delle verste che sfilavano velocemente: in alcuni tratti andavamo a sessanta chilometri all’ora. Ma ci trattenevano i ponticelli, una infinità di ponti minuscoli che si vedevano da lontano perchè avevano i parapetti di legno dipinti a fascie bianche, nere e rosse, che talvolta davano l’illusione di gruppi d’uomini immobili in mezzo alla campagna. Quei ponti erano così brevi, che quando le ruote anteriori scendevano la rampa d’uscita, le posteriori salivano quella d’imbocco, e non di rado accadeva che l’automobile in quella posizione urtasse col volano il tavolato, “battesse la pancia„ come dicevamo noi. Per non fargliela battere dovevamo passare quei ponti con grande cautela.

Traversavamo rapidamente dei rari villaggi. Era un altro giorno di festa. Incontravamo processioni di mujik in abiti sgargianti, camiciole di tutti i colori, cinture ornate di metalli. Avanti a loro i popi col gran piviale o la dalmatica, il capo coperto dalla mitria che ricorda per la forma la corona imperiale di Russia; e dietro le donne, dai capi avvolti in fazzoletti rossi, con le sottane corte, e gli stivaloni da uomo. Le processioni riempivano la strada, venivano avanti in lento disordine recando croci e icone, orando e cantando. Noi ci fermavamo per non disturbare le sacre cerimonie, ma la nostra precauzione era inutile. Le preghiere e gl’inni cessavano, i devoti, compresi i popi, dimenticavano per un momento il buon Dio per guardarci estatici a loro agio; tutte le icone si volgevano dalla nostra parte mostrandoci neri volti di santi bizantini incorniciati d’oro, e solo dopo un po’ la processione continuava, e i canti riprendevano più alti e