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si poteva aggiungere donna Fulvia, per il suo titolo di madrina della sposa. Ora, poichè la refezione doveva farsi intima e breve, tra la doppia cerimonia e la partenza degli sposi; e perchè la stazione della strada ferrata era a forse mezz’ora di cammino dall’abitato di Mercurano; e perchè, finalmente, il castello degli Sferralancia si trovava a mezza strada fra quest’abitato e quella stazione, l’idea di far la refezione al castello si presentava da sè alla mente di tutti. Così erano presto ordinate le cose: Gli Sferralancia con lo sposo andavano a prendere la fanciulla a casa Bertòla con tre carrozze padronali: di là ritornando muovevano verso la casa comunale e verso la chiesa; e via, compiuto il doppio rito, via da capo al trotto allungato, lasciando i quattromila settecento Mercuranesi con altrettanti palmi di naso.

Questi concerti piacevano molto a Virginio. Il segretario del signor Demetrio non poteva lasciare il Bottegone, specie in una circostanza come quella, di molto concorso nella piazza Vittorio Emanuele e nel corso Garibaldi. Sfuggito il pericolo di trovarsi la comitiva nuziale tra’ piedi, nella casa Bertòla, aveva anche una stupenda occasione per non andare in nessun altro luogo a far numero. Fece i suoi saluti a tempo debito, in compagnia degli altri commessi del negozio. Si umiliava, si mortificava anche in questo suo accomunarsi colla «bassa forza» del Bottegone.

La bella sposa, commossa ma radiosa nel volto, era salita leggera leggera in carrozza, prendendo posto accanto al suo babbo glorioso e trionfante. Virginio era rimasto immobile, ritto a stento, appoggiandosi al banco delle pannine, guardando davanti a sè, ma non vedendo nulla, con un sorriso melenso che gli teneva le labbra contratte e gli occhi semichiusi.

— Che bella cosa, un matrimonio! — gli disse la giovane delle pannine, un fior di ragazza a cui luccicavano gli occhi come due carbonchi. — E Lei, signor Virginio, quando si deciderà? quando li mangeremo i suoi confetti? —

BARRILI. La figlia del re. 8