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Sul bruzzico la comitiva era giunta alla porta del castello di Cairo, donde per l’appunto esciva il castellano Rainerio, per recarsi a San Donato, insieme coi due scabini che dovevano assistere al giudizio.

— E così? — disse il conte. — Il nostro buon Rainerio si prepara a cogliere il frutto delle sue invenzioni? Ma sai che più ci penso, a questa tua gara, e più mi va a sangue? Son d’avviso che tutti i matrimoni si dovrebbero fare quind’innanzi per gara. La donna, miei cari, ò la più bella cosa che al mondo sia; ed è giusto che si ottenga come premio al valore, per isforzo di braccia o d’ingegno. Aggiungete che è sempre due tanti più caro quello che ci ò costato fatica ottenere. Ma che hai tu, castellano, che mi stai lì muto come un pesce? Forse non ti pare che io ragioni abbastanza diritto?

— Dio tolga, che io non approvi col pensiero, quando parla il mio signore, — rispose Rainerio, inchinandosi. — Io ascoltavo con reverenza.

Il conte Anselmo era di buon umore; e diede, a quelle parole, in una matta risata.