Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.2, Milano, Treves, 1906.djvu/27


— 23 —


dai lunghi e fogliosi steli, gli eliotropii delle cui ciocche odorose le donne gentili amano ornarsi lo sparato del camicino; gli umili mughetti mettono fuori i verdi litui fregiati di brevi campanellini bianchi; gli amorini d’Egitto si tengono modestamente a terra, dissimulando nel verde delle foglioline la poca apparenza dei fiori, ma non la soavità degli odori, gradito compimento, insieme coi dittami, e quasi cornice dei mazzi eleganti; le tuberose scarse di foglie, ma ricche di fiori, torreggiano qua e là; i gelsomini e le gaggìe salgono a spalliera, s’inerpicano lungo le amiche pareti.

Pari alle gaggìe nei loro serpeggiamenti, s’innalzano le asclepie, mostrando su tenui fili quasi innestate le larghe foglie coriacee e i carnosi fiori stellati. Più sfoggiatamente vestiti si levano in alto gli abùtili, e lasciano con leggiadra civetteria ricader mollemente tra i pampinosi tralci le graziose campanelle socchiuse, dai petali giallognoli e bizzarramente venati di scuro. Guardate il prato, com’è tutto d’un bel verde tenero! Qua e là il dolce declivio è interrotto da larghi ed alti ciuffi di foglie ricadenti a ombrello, lunghe, sottili, affilate e pieghevoli come lame di Toledo. È il ginerio argenteo, che protende in aria, su svelte asticciole, e lascia cullar mollemente da ogni soffio i suoi candidi pennacchi, che appaiono (qua la mano, secentisti!) altrettanti colonnelli dell’esercito di Flora. Più in là l’ibisco siriaco e l’africano, cresciuti ad arbusto, schiudono a centinaia i larghi calici bianchi e vermigli, dagli orli vagamente intagliati e dal fondo screziato. Sui margini della prateria, sbucano le iridi dal fitto delle loro foglie gladiate, a far pompa di grossi fiori turchinicci e odorosi. I cacti, orrida famiglia, mostrano, coi fiorellini nati dai dorsi villosi, che anco nel cuor più duro spuntano qualche volta i soavi pensieri. Le agavi americane, colle vaste foglie aguzze e dentate, sfidano il cielo a battaglia. E più lontano ancora, l’orizzonte è celato agli occhi da una fitta selva di salici, di conifere e di piante d’ogni maniera, che descrivono il fondo a quella scena incantevole.

Tutto è allegrezza, tutto è festa, nella ringiovanita natura. Come tutto vive, come tutto si spande, luce, colori, fragranze, armonie! Vedete i campi, aiuole naturali, canestri foggiati capricciosamente nel suolo dal giardiniere invisibile, dove nascono, vivono ed amano migliaia di tenere pianticelle, dalla graziosa pratellina alla severa piantaggine, dalla euforbia ingrata alla cedragnola pietosa, confuse tutte tra ogni maniera di erbe matte, vicino all’utile cicerbita, all’aromatica pimpinella, al timo e al mentastro odoroso, che formano anch’essi