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del primo piano, e stese la mano alla nappa del campanello. Ma qui ancora la coscienza gli disse: codardo! Scese da capo, e per andarsene senz’altro. Ma non era anche giunto all’ultimo scalino, che un dubbio lo assalse. Dalle finestre, qualcheduno, affacciatosi a caso, non aveva potuto vederlo ad entrare? Non si sarebbero fatte le meraviglie che non fosse salito? E queste meraviglie non avrebbero condotto a svariate congetture, allorquando si fosse finalmente risaputo quello che era ancora di là da venire?

Scuse, pretesti, e non altro. Diffatti, risalendo, egli sentiva il bisogno di aggiungere: Alla perfine, io debbo vederla ancora una volta; anco se trista, ella è pur stata la stella di questa mia vita.

Suonò finalmente; ma stettero molto, innanzi di aprirgli, di modo che egli ebbe tempo a pentirsi di essersi condotto a quel punto. - Che vado a fare? Ella non si cura di me. La vedrò; patirò mille morti in pochi istanti; dovrò divorare in silenzio altre lagrime.... Oh, se tardassero ancora! potrei tornarmene via.

Mentre egli meditava in tal guisa la fuga, udì un rumore di passi nell’anticamera. Poco stante l’uscio si aperse, e comparve nel vano un valletto della marchesa.

- Illustrissimo! - disse il servo, inchinandosi. -

- È1 in casa la marchesa? - dimandò Aloise, entrando nell’anticamera.

- No, illustrissimo, e nemmeno Sua Eccellenza il padrone. Sono partiti, or fanno due ore, per alla volta di Quinto. -

Aloise ebbe al cuore un’orribile scossa.

- O come? - chiese egli turbato: - Così all’improvviso?

- Sì, illustrissimo; ier sera è avvenuta una disgrazia. È morto qui sopra un casigliano di Sua Eccellenza; la cosa ha fatto senso al padrone, e la signora marchesa ha voluto andarsene questa mattina per tempo, per levarlo di qua. Son rimasto io nel palazzo, per dar sesto ad alcune faccende. -

Il cuore di Aloise si riempì d’amarezza. Partita! E il consiglio è venuto da lei!

Contenendosi a stento, trasse di tasca il taccuino; ne cavò un biglietto di visita; gli fece, secondo l’usanza, un orecchio nell’angolo, e lo diede, insieme col rotolo di musica al servitore, perchè fosse consegnato alla marchesa Ginevra.

- È il fato che lo vuole! - esclamò, discendendo per la seconda volta le scale, e questa volta da senno.

Un’ora dopo, Aloise partiva per la Montalda. Il cielo gli parve buio; la città

  1. Nell’originale "E".