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egli che ne colse le primizie; fu un altro, un altro che l’occasione profferse a’ suoi occhi, e che altre cure assai facilmente allontanarono da lei. Questa è sorte di tutti gli affetti veri, che debbano esser turbati da qualche apparizione improvvisa e fugace. Nulla è, nulla giova la cura assidua, l’adorazione costante; al nuovo venuto le promesse, che non ha chieste, i baci, che non ha implorati colla tacita preghiera dello sguardo, specchio della interna agonia. Tacque il povero innamorato, ed attese; il caso, che aveva tratto quel nuovo venuto al fianco di Lilla, il caso lo sbalestrò lontano da lei. Ma mentre il cuore del disgraziato si riapriva alla speranza, mentre egli preparava la sua dignità di gentiluomo alla vergogna d’un rifiuto dei parenti di lei, pure ripromettendosi che il cuore di Lilla non avrebbe confermata la triste sentenza, Lilla Lercari si piegava facilmente ad un disegno improvviso de’ suoi; poco stante, sposa ad un altro, si chiamava Lilla di Priamar. Che avvenne allora? Io vi prego di ascoltarmi, marchesa! Dei due amanti, il lontano e il vicino, quale la amava più veramente? Il lontano.... Ma che ne dirò io, del lontano? Questa parola non basta ella per chiarire ogni cosa? L’amore non era stato il gran tutto per lui; bensì un trastullo pei ritagli di tempo che gli erano lasciati dalle sue matte ambizioni politiche. Però durava tranquillo in un esilio ch’egli aveva voluto; pensava ad altro, laggiù, forse sapendo non aver da far altro che presentarsi da capo per vincere. Il vicino, intanto, a patire la più aspra delle battaglie; che inferno fosse nel suo povero cuore, egli solo lo sa, e il ricordarsene tuttavia lo sgomenta. Ma egli rispettò quella donna; imprecò a sè medesimo, non a lei, e riguardoso dinanzi al vincolo che univa per sempre due vite, fece della sua il più gran sacrifizio che un disperato amore inspirasse mai ad un uomo, sul fiore della balda giovinezza; la votò ricisamente, irrimediabilmente, a Dio, a Dio che non accolse il sacrifizio, a Dio che non volle sradicargli dal cuore quelle malaugurata passione. Sì, o signora; ciò ch’egli soffrisse allora, argomentatelo da questo, che trent’anni sono passati ed egli ama ancora Lilla di Priamar, e così fieramente, come in quei giorni di dolore infinito.... —

Al prorompere di quella confessione, la marchesa non rispose verbo, non alzò neppur gli occhi. Se li avesse levati fino a lui, avrebbe veduto quel volto come trasfigurato dalla potenza arcana delle ricordanze. E in verità, da quella fronte corrugata nelle battaglie della vita, traspariva alcun che della giovinezza di Bonaventura; la passione, così a lungo ratte—