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E il pensiero di Lorenzo tornava a Maria. Dov’era Maria? Come aveva potuto lasciare la casa che era pur sua? Egli ben sentiva di amarla, quella casta fanciulla, fatta donna dal dolore. Perchè veramente era stato un momento d’angoscia suprema, quello che a lei, innocente creatura, aveva strappato dalle labbra il segreto inavvertito dell’anima, e a lui rischiarati di una luce improvvisa i più riposti penetrali del cuore. La santa tenerezza di due vite non affratellate dalla comunanza del sangue, può rimanere come un abisso invarcabile per esse, fino a tanto che duri, colla calma usata degli eventi, la rispettosa consuetudine. Ma viene il tremuoto a scuotere dal profondo la terra, e l’abisso incontanente si colma; una sventura, tremuoto dell’anima, rompe i vincoli della consuetudine, e l’amore trabocca nell’ossequio, lo copre, lo compenetra nel suo torrente di lava. Tutto ciò era accaduto; la tenerezza aveva ceduto il luogo all’amore. E quel giorno medesimo che doveva schiudere un nuovo orizzonte a quelle due vite, mostrar loro nella unione l’indirizzo a quella felicità di cui erano sì degne, quel giorno medesimo le aveva separate, divelte violentemente l’una dall’altra. Egli ramingo; ella perduta per lui. Povero Salvani! povero gladiatore ferito! egli non si alzava altrimenti sulle ginocchia, che per ricadere da capo.

Questi pensieri lo accompagnarono fino alla meta del suo viaggio, dove gli si parò davanti agli occhi un palazzotto quadrato, sullo stile del cinquecento, colla sua torre da un fianco, e la sua cappella dall’altro, aggiunta del secolo decimo settimo, come era facile argomentare dai fregi barocchi della facciata. Un piazzale partito ad aiuole di giardino, e ornato di spalliere di aranci e limoni, correva sulla fronte dell’edifizio. Tutt’intorno, la collina era coltivata, e i ciglioni delle fruttaglie, coperte di pampini, mostravano che il dilettevole era stato sacrificato all’utile dai signori del luogo. Per compenso a questa usurpazione agricola, un bosco foltissimo di castagni si distendeva alle spalle del palazzotto, a cui serviva di cornice, ed esso medesimo appariva incorniciato, sui lembi lontani della costa, da una doppia selva di pini, roveri, frassini, corbezzoli e di ogni altra maniera di piante, che vivono in facile compagnia sulle nostre montagne ligustiche.

In altri tempi la Montalda doveva essere stata una bella dimora, ma sempre di molto severa apparenza. E assai più severa, quasi selvaggia, appariva allora agli occhi di Lorenzo Salvani, a cagione della lunga trascuranza de’ suoi signori,