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di Lilla, e per quel filo un’altra lettera di Paris saliva fino alle mani di lei. Ingegnosi trovati dell’amore! Ma un giorno Paris aveva dovuto fuggire. Le lettere dalla fine del 1833 al cominciamento del 1835 erano scarse, e recavano sulla soprascritta, insieme con un finto nome, il bollo delle regie poste. Il Montalto, giovinotto bollente, s’era legato d’amicizia con taluni più in voce di volere e di promuovere novità; si erano rifischiate parole sue, che lo accusavano audace cospiratore ai danni dello Stato; laonde, pel suo meglio, aveva dovuto uscire da Genova e rifugiarsi a Parigi. Le prime lettere di questo secondo periodo erano un rammarichio continuo; Lilla non poteva sopportare l’amarezza di quella lontananza, ma i pericoli d’un ritorno di Paris la spaventavano; ella era infelice, dannata all’avversa fortuna, ma almeno lo sapeva in salvo e ne rendeva grazie al cielo. Talvolta si doleva di lui, che aveva sacrificato l’amor d’una donna all’amore di patria; tal altra andava superba dell’amore di un uomo tanto dissimile da tutti que’ neghittosi e codardi che si vedeva dattorno; ora si dava in balìa della disperazione, ora si beava ne’ sogni di una felicità senza pari. Sublimi contraddizioni dell’affetto, chi non vi ha sentite una volta in cuor suo?

Ma le lettere della giovinetta andavano a mano a mano facendosi più rare; tutto il giorno, e perfino la notte, ella era vigilata dalla sospettosa cura de’ suoi, che non sapevano intendere la cagione de’ suoi ostinati rifiuti; una lettera incominciata era caduta nelle mani di sua madre; la cameriera, che portava di soppiatto le sue lettere alla posta, era stata congedata sui due piedi; finalmente, mancando gli spedienti, fors’anco soppravvenendo la stanchezza, Lilla non aveva più scritto. Un ultimo suo biglietto, vergato nel gennaio del 1835, lasciava trapelare com’ella dovesse inchinarsi alla ferrea volontà dei parenti. L’ultima frase diceva: «Paris, per pietà, dimenticatemi! Dio era contro di noi!»

Accanto a queste lettere di Lilla ce n’era un’altra, ma non scritta da lei. Era un amicissimo di Paris Montalto, che gli dava ragguaglio del matrimonio della sua «antica fiamma», ragionandone con quella libertà di modi che si deriva dal non entrar punto nella faccenda di cui si tratta, dal non averne, come suol dirsi, nè caldo nè freddo.

«Te Deum laudamus! - scriveva l’amico. - Finalmente la Lilla s’è smossa dal no, e s’è degnata di far felice il cugino. Vuol essere un bel matrimonio! Lei giovine, bella e punto contenta; egli in visibilio, ma logoro