Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.1, Milano, Treves, 1906.djvu/337

sentire la necessità di non lasciare dietro di sè, morto, o lontano, nessuno di quei nonnulla, i quali dessero appiglio alla indiscreta curiosità o allo scherno della gente, non tanto a suo danno, quanto d’altrui. Chiuso nella sua camera, il giovine Lorenzo metteva sesto nelle sue carte, quali ordinatamente riponendo, quali stracciando, quali altre bruciando a dirittura.

Ce n’erano d’ogni forma e ragione; lettere di minor conto che bastava fare in quattro pezzi e buttar nel cestino; scritture fuggevoli, noterelle, capricci letterarii, abbozzi, versi non finiti, pensieri scombiccherati sulla carta, in attesa di tempo migliore; cose tutte dalle quali un uomo, che abbia avuto addosso la febbre dello scrivere, mal volentieri si separa, perchè ognuno di quei fogli rammenta un bel giorno, un pensiero felice, una speranza, una illusione, e la mente, guidata dal tenue filo nel laberinto degli anni trascorsi, corre tra desiosa e malinconica indietro, ripensando mille casi abbelliti dalla lontananza, per fermarsi poscia in questa considerazione tristissima: ohimè, tutto passa, tutto muore, in questo povero mondo!

E chi non ricorda poi quell’altra ricchezza del cassetto più geloso della scrivania, fatto custode delle lettere e dei piccoli doni d’amore? Perchè ognuno di noi ci ha pure avuto i suoi romanzetti giovanili; tal volta non finiti per difetto di occasioni, di audacia nostra o di buona volontà della gentil collaboratrice; tal altra male conchiusi dalla ferrea rigidezza degli eventi, o interrotti o guastati dai capricciosi trapassi della volubile giovinezza; tutti vani, transitorii come i nembi di maggio, e per dirla umoristicamente, falsi allarmi di un cuore che non ha sostenuto ancora la vera sconfitta che lo riduca in servitù duratura.

Di simili romanzetti facevano fede quelle lettere, così gelosamente custodite, legate in principio da un nastro verde, azzurro o rosato, il cui nodo era soventi volte disfatto per leggere e rileggere que’ dolci messaggi e veder di cogliere nuovi punti e nuove virgole che dicessero: t’amo! E la preziosa mèsse era riposta in un elegante scatolino, nel quale andavano a riposarle in compagnia i fiorellini furtivamente dati da lei in un giro di mazurca, i guanti felicissimi che l’avevano toccata, le foglie secche della robinia sotto la quale essa era stata un giorno seduta; un tesoro, a farvela breve, un tesoro che non avreste barattato con tutte le ricchezze dei Rotschild. Questo va inteso per que’ tempi; che, veramente, più tardi la divozione andava scemando per gradi; più