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dalle ineffabili angosce di un morto affetto, accolga nel suo segreto una perfida immagine, e la vagheggi e la maledica, e frema a quella vicinanza come la carne al contatto di un ferro rovente, innanzi di affogarla nel suo immenso disprezzo e di poterla contemplare impunemente e sorridere?

Il forte animo di Lorenzo s’era chiuso in quella medesima notte; ma la tempesta ruggiva dentro, nè potremmo dirvi quando e per che modo si chetasse. Forse le avvenne di consumarsi da sè; forse ardeva tuttavia, ma il cuore, divenuto insensibile per soverchio di pena, non tradiva il suo signore nei moti del volto o negli atti. Laonde, mutato apparve, non turbato, alla gente; e se lo spirito afflitto maturava un feroce proposito, niente lasciava trasparire agli occhi del volgo profano.

Ferito da una donna amata in ogni cosa più cara, nella sua adorazione per lei, nel suo divino inganno di poeta, nella sua dignità d’uomo, egli, dopo quel giorno, non la cercò, nè la fuggì; non la vide. Gli era ella passata daccanto per via? Non lo sapeva neppure. Ella era e non era per lui. Questo non significava ancora il disprezzo, ma più non significava l’amore; sibbene, e assiduamente, l’angoscia, il disdegno, lo scontento di sè.

Aveva la morte nel cuore, e lo stato suo era tanto più grave in quanto che egli non aveva potuto ottener sollievo da un’ora di vendetta. Quel conte palatino, ma così poco paladino, dell’Alerami, egli non aveva potuto trovarselo a faccia a faccia sul terreno. Ciò ch’egli aveva detto nel suo ultimo colloquio con Matilde, intorno a quel vile spavaldo, era pure avvenuto.

I lettori rammentano che innanzi di uscire dalla casa della Cisneri, Lorenzo aveva detto all’avventuriero, conchiudendo il suo sarcastico discorso sul giuoco: «Ella è dunque avvertita; io soglio giuocar grosse poste, e quando le piaccia, sarò sempre a’ suoi riveriti comandi». Alle quali parole avea risposto l’Alerami, facendosi bianco in viso come un cencio lavato: «Eh! chi sa che non me ne venga la voglia?» E Lorenzo aveva soggiunto: «S’accomodi!».

Ora questa voglia non era venuta al conte palatino, che s’era accomodato assai meglio non rispondendo all’invito. Non già che ne’ suoi colloqui colla contessa egli non avesse simulato di voler tenere la giostra; che anzi aveva strepitato, e di molto. Ma egli aveva fatto come que’ tali rodomonti da quadrivio, i quali sogliono finire i loro alterchi colla frase proverbiale, «