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stabilirono le nozze. Non c’era altro che una piccola difficoltà per mandarle ad effetto; che l’Antoniotto era un po’ consanguineo della Ginevra; ma quella provvidenza della Curia di Roma non istette molto a venire in aiuto con una brava dispensa, e il Della Torre diventò facilmente il Torre-Vivaldi, a maggior gloria di Dio, o, per dire più esattamente, della setta gesuitica.

Era egli mai stato giovane, il marchese Antoniotto? Quei generosi concetti, que’ baldi rapimenti, che provano il bollore del sangue e il rigoglio della gioventù, non avevano mai persuasa la mente di quell’asciutto gentiluomo? Certo, a voler stare sui generali appare difficile e quasi impossibile che un uomo, poniamo anche il più freddo del mondo, non abbia percorso le sue fasi di ardore e di tiepidezza. Il medesimo Napoleone, che fu tipo straordinario della moderna tirannide, e a cui non mancò altro che il sangue regio per essere salutato gran mastro della reazione europea, ne’ suoi primi anni era stato un poeta, un sognatore, un rivoluzionario; insomma, era stato giovine.

Non così il marchese Antoniotto. Egli era nato vecchio, e tutti i suoi coetanei rammentavano di averlo sempre veduto lo stesso, fin da quando proseguiva lo studio delle leggi nella Università genovese. Già da quel tempo appariva contegnoso e severo, chiuso dell’animo, e nimico d’ogni cosa che sapesse di novità; di guisa che, tra per l’autorità del nome, e per l’inflessibilità de’ propositi, facilmente capitanava quella generazione di vecchi bimbi, detti allora i giovani sodi, che facevano contrapposto a quella coorte di giovani ingegni, forse soverchiamente innamorati delle teoriche forestiere, ma vogliosi di cose nuove, devoti al culto della patria e della libertà, i quali prendevano indirizzo dal loro condiscepolo Giuseppe Mazzini.

Il marchese Della Torre si vantava d’essere classico in letteratura, e condannava con Vincenzo Monti l’audace scuola boreale; ma nel fatto non poteva patire i poeti di nessuna scuola. Il suo classicismo non era altro che un arnese di guerra, nel campo della politica; e ciò trapelava anche dalla compiacenza con cui il giovine sodo si faceva a notare come i signori liberali, gli scapigliati, offendessero la purezza della lingua e delle tradizioni letterarie, non meno che della filosofia italiana.

Egli poi s’era chiuso nello studio delle cose economiche e di tutti i rami dell’arte di governo; si andava armando di tutto punto per comandare altrui, quando l’occasione gli