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- Fatelo, signora; io m’inginocchio.

- No, no, più tardi; quando avrò la corona. -

E con un sorriso, con quel sorriso che i lettori conoscono, la bella Ginevra si congedò dai due amici, seguita dalla marchesa Maddalena.

Aloise stette a guardarla, mentre ella correva leggiera verso il fondo della galleria, e sospirò profondamente quando l’ebbe veduta sparire dietro una portiera di velluto cremisi gallonato d’oro.

- Animo, Aloise! Non mi fare il bambino, che in questo modo non si rimedia a nulla!

- Hai ragione; andiamo! -

Ora noi non terremo dietro ai due giovani, i quali non hanno più a dire niente di nuovo per noi; e seguiremo le due dame, che hanno abbandonata la festa, avendo sicuramente gran cose da dirsi.

Passarono esse per una fuga di stanze, fino al pensatoio della marchesa Ginevra, dov’era quella tal Danae di Guido Reni, che ha già turbata la fantasia a parecchi dei nostri lettori. Colà giunte, e poste a sedere, Ginevra entrò ex abrupto in materia.

- Suvvia, Maddalena, sentiamo che cos’hai da dirmi. - La Torralba stette un poco sovra pensiero, come se cercasse le parole con cui dar principio alla sua narrazione.

- Ginevra, - diss’ella finalmente, - tu sai pure se ti amo....

- Sì, Maddalena; siamo amiche fin dal monastero, e queste amicizie durano.

- Oh, ti ricordi di quel tempo? Io ero più grandicella di te; ma ti ho subito amata, come se fossimo entrate nel medesimo giorno. E quando ho dovuto partire, come ho pianto!

- Cara Maddalena, abbracciami! Tu sei sempre stata un’angelica creatura. La madre Scolastica (ti rammenti?) che per dir la verità, ci ha un poco guastate con le sue carezze, ti chiamava il suo pan di zucchero; e non avea mica torto.

- Dolci memorie! - esclamò la Torralba. - Ma veniamo al buono.

- Sì, veniamo al buono. Sono curiosa di sapere che cosa tu abbia a dirmi.

- Oh, non correre tanto con la fantasia. Si tratta di una cosa che saprai già da un pezzo.

- Come? che cosa?