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se non molto efficace, diletta almeno, ne’ suoi patimenti. E questa speranza c’era; talvolta sorridente come una promessa nelle ore più riposate, tal altra compagna pietosa nell’amarezza; e gli veniva dall’ingegno che egli sapeva di avere, e che pensava di adoperare in qualche modo per sovvenire alle urgenti necessità.
Lorenzo passava molte ore fuori di casa; ma non perdeva il suo tempo, perchè lo consacrava a Matilde e a’ suoi ritrovi politici. In Italia, a que’ giorni, l’amore non andava mai senza la patria. Era quasi una malattia del tempo, a cui poscia si è trovato rimedio. E innanzi le battaglie dell’unità, la patria era per gli uni nella preparazione delle forze, senza un formato concetto di quanto si avesse a fare; per gli altri nella congiura; elementi diversi e spesso ridotti a combattersi, ma che pel tirare dell’uno e pel cedere dell’altro, sono pur venuti a capo di qualche cosa.
Ma di questo a suo luogo. Lorenzo da lunga pezza usava star molte ore allo scrittoio, scrivendo per sua naturale vaghezza versi d’ogni metro e prose d’ogni forma, che pochi amici leggevano e che poscia andavano a stipare i cassetti del suo canterano.
Senonchè, cresciuti i malanni, egli doveva pensare a trarre un utile, anche modesto, dagli sgorbi della sua penna capricciosa. L’Assereto, il confidente de’ suoi disegni letterarii e delle sue malinconie, fu il primo ad entrargliene.
- Hai scritto tanto per tuo passatempo, - gli disse l’amico, - che potresti oramai pensare a cavar qualche profitto dalle opere dell’ingegno.
- Sì, - rispose Lorenzo, - scrivere, per non trovare uno stampatore che ci metta l’inchiostro e la carta del suo! Stampare, poi, per non trovare un cane che ti voglia leggere.
- Vero, verissimo, - soggiunse l’Assereto, - se tu parli soltanto di quelle opere che si mettono in mostra dal libraio. Ma non potresti cominciare a scrivere un dramma.... una tragedia?
- Mi guardi il cielo dalle tragedie! - gridò Lorenzo. - In quanto al dramma, ci ho pensato anch’io; ma tu intenderai benissimo che il mio lavoro abbia a ritrarre un po’ troppo delle amarezze dell’animo.
- E che importa? Sei mesto? Scrivi cose meste, e ci avranno, se non altro, il suggello della verità. E poi, senti un’altra cosa. Ancorchè lo scrivere non t’avesse a fruttar altro che il poter dar noia ai malevoli, scrivi e manda fuori l’opera tua. -