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qualche migliaio di scudi, e da quattro anni si centellava le purissime gioie di un matrimonio d’inclinazione.

In quel cuore, coperto a sette doppi come lo scudo di Aiace, era dunque penetrato il dardo d’amore? Sissignori; la nostra signora Momina (a chi nol sapesse diremo che Momina era un vezzeggiativo di Geronima) aveva un cuore fatto a bella posta per amare, a malgrado di tutte quelle cortine, rivellini e bastioni di carne, che vietavano gli approcci della fortezza.

Fin da quando ella era a’ servigi del signor Omobono, vecchio calzettaio, il quale appunto da quattro anni aveva tirate le calze, la signora Momina, che allora aveva titolo di donna di casa, ed ufficio di serva padrona, aveva adocchiato un giovanotto dalla zazzera bionda e dalla faccia rosea come le mele carle, il quale passava tutti i giorni sotto le sue finestre.

Costui era stato garzone di bottega presso uno stipettaio; poi si era accomodato da un fabbro; più tardi aveva mutato d’arte e di principale, ma non imparando altro che a darsi bel tempo e suonare la fisarmonica. Gli amici lo chiamavano il Bello, e tale pareva alla signora Momina; la quale si reputò la più avventurata femmina del quartiere, quando si fu avveduta che quel giovinotto era tutt’occhi per lei, e che alla notte andava a farle la serenata col suo malinconico strumento a manticino.

Tutte quelle cose le andarono cosiffattamente al cuore, che non istette lunga pezza a farsi trovare sull’uscio di strada; e colà, poichè la signora Momina non era donna da volerlo far sospirare e struggersi, con troppo danno di quelle guance rosee, furono fermati i primi patti della resa. D’allora in poi il Bello salì fino in casa; dapprima raramente e con molti riguardi, poi tutti i giorni alla libera. Il vecchio calzettaio era a letto e non aveva nulla a vedere di quell’intruglio; di guisa che il Bello non ebbe più mai a piatire in casa propria per desinare e cenare, come faceva senza portarci quattrini.

Là, in casa del vecchio bietolone, egli ci aveva ogni cosa; i bocconi prelibati, le vestimenta e i denari per le male spese. La provvidenza gli s’era fatta incontro, sotto le spoglie della signora Momina, e figuratevi che gran provvidenza l’avesse ad essere, una provvidenza innamorata.

Il vecchio padrone morì, e quella sera se ne bevve un bicchiere di più, per dargli l’estremo vale all’uso degli antichi. Gli eredi non avevano potuto ritogliere alla signora