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nel divo Terenzio il difetto di pratica; ed egli rimane agli occhi di tutti un gran cavaliere. La mia gloria, nondimeno, è al colmo. La contessa Adriana, nel farmi le sue vivissime congratulazioni, mi offre perfino dei fiori. Oh Dio! e Galatea, che vede, che cosa penserà del fatto? che cosa dei ringraziamenti, che son pur costretto a fare? Cerco di rimediare, rivolgendomi alle altre signore, alle Berti, da principio.
— Non avrò i loro fiori, signorine? —
Le tre fanciulle son ben liete di appagare il mio desiderio; mi danno tre bei garofani dei loro mazzolini. Anche le mamme mi fioriscono alla lor volta; e così posso chiedere il suo fiore alla signorina Wilson.
— Ne ha già troppi; — mi risponde. — Ed io, del resto, non ne ho.... devo averli smarriti. —
O lasciati cadere, birichina; lasciati cadere a bella posta dietro la sedia, a mala pena mi hai veduto in giro, col manifesto proposito di finire da te.
La banda di Dusiana rumoreggia da capo,