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vanni dorme. Buon poema, che voleva esprimer la vita veduta, collegandola coll’invisibile sentito! Non lo intendo più; ne rigiro per ogni verso la tela, e non ci trovo il vivagno; vedo il contorno e mi sfugge la linea, l’idea madre, che mi pareva già tanto chiara, originale e profonda. Sono una rovina, e brutta, che per le rovine è il peggio. C’è qui, sulla fine di un campo, lungo la strada maestra, una casupola ad uscio e tetto, ma coll’uscio sfondato e il tetto crollato. Corse un giorno la voce che là dentro si fosse veduta la Madonna; e non mancava la ragazzina innocente per dar fede al miracolo. Ma che vuoi? il miracolo non ha potuto attecchire, come attecchivano le ortiche, in quel cumulo di macerie così poco romantiche. Poesia, voleva essere; e qui non c’è poesia.

Tanto meglio per me. Questa vita vegetativa mi conviene benissimo.

Leggo poco; a mala pena giornali, e nei giornali solamente i telegrammi, per tenermi in comunione di noie con l’Europa. Gli eventi politici son grigi, come il mio spirito, e mi fanno dormire. Ma