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gittato a ponente, sulla via di Melogno. E così fece, e l’impresa fino ad un certo segno potè dirsi riuscita a bene; ma giunto alla torre di Melogno e veduto come fosse guardato quel passo, gli venne manco l’ardire. Che più? Inoltratosi per malagevoli sentieri a specolar quelle vette, lo vide formicolar di nemici; la croce rossa in campo bianco sventolava da per tutto. Che sarebbe egli andato a fare nel Borgo, se non vinceva prima una battaglia in aperta campagna? E questa battaglia, come poteva argomentarsi di vincerla, in mezzo a quella selva di bastite, e in quelle gole tutte comandate da greppi, donde i sassi eran difesa bastante contro un esercito anche due volte più numeroso del suo?
Così lenteggiava il valentuomo, forse meditando in cuor suo di seguir le pedate del balivo di Trasnay. Ma gli uomini di Millesimo, ligii al marchese Galeotto, volevano fare ad ogni costo qualcosa, tentare almeno d’introdur vettovaglie nella terra assediata. Perciò, caricate dugento bestie da soma, si gittarono una notte alla ventura per certi tragetti, e la fortuna arrise all’ardire. Del resto il capitano Bonifazio aveva appoggiata la salmeria con una forte dimostrazione delle sue schiere, la quale valse a sviare l’attenzione del nemico, mentre il convoglio, protetto da un pugno di animosi cavalieri, giungeva a riparo sotto le mura del Borgo.
Qualche tempo addietro, il Borgo era stato miracolosamente vettovagliato dalla parte del mare. Onorato Lascari, conte di Ventimiglia e di Tenda, desideroso di venire in aiuto al suocero Galeotto, avea comperato una gran quantità di frumento in Arles, e da Mar-