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vale a dire volonterosi distruggitori d’ogn’altra forma di governo sempre che il possono fare, ma per quell’altra validissima ragione altresì: che lo avere è cosa il doppio migliore che il non avere. Checché ne sia, queste tredici lettere e la quattordicesima pure, scritta alcuni anni dopo l’altre, furono da Niccolò scritte in un modo piano e naturale, e tuttavia pieno di dignità. A queste vengono dietro due patenti sottoscritte da lui, che non si sono lasciate fuori di questa edizione, comeché non abbiano troppo che fare colle opere sue, onde la non s’abbia un’acca meno di qualunque altra.

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Lettere scritte in nome della repubblica fiorentina a vari commissari, capitani, vicari e altri ministri d’essa.

Non v’è troppo che notare intorno a queste quaranta lettere, se non si dica come sono scritte con dignitosa semplicità, e che mostrano come Niccolò era nel suo carattere di segretario un uomo assai più dabbene di quello che appaia quando ne sciorina certe sue massime di politica.

III

Novella

di Belfegor arcidiavolo.

Per invenzione, per piacevolezza e anche per purità di lingua e per correntezza di stile, torno a dirlo se già l’avessi detto, non v’è novella, delle tante che se ne sono scritte in nostra lingua, che s’aggiunga a questa. Vi sarebbe qualche cosa da ridire sulla burla che Niccolò fa in essa del sesso femminino. Pure non m’estenderò più là che a far osservare a’ miei paesani come ne’ tempi di lui, egualmente che ne’ nostri, si aveva la bella usanza di dare una mala educazione alle donne, e poi di morderle e di beffeggiarle in prosa e in verso perché le meschine operavano in conseguenza di quella loro mala educazione.