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abito nuovo onde onorarsi nell’ambasceria sua! II mondo è pur cambiato da que’ tempi a questi! E fa pur duopo confessare che è cambiato in meglio sicuramente, quando si voglia comparare la figura che soleva fare a que’ tempi l’ambasciadore Machiavelli con quella che fanno a’ tempi nostri i moderni ambasciadori.

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Lettera alla repubblica fiorentina.

Da questa Lettera, che si può anzi chiamare un pezzo di storia, si raccoglie come i tedeschi già stavano pensando ne’ tempi di Niccolò a porre il piede in Italia, e che i viniziani, prevedendo come, entrativi un tratto, non sarebbe poi stato agevole il cacciameli, fecero quanto potettero allora fare per tenerseli discosti e rompere loro il disegno, a dispetto d’un poco buon papa che li sollecitava a venire, promettendo loro l’aiuto suo all’impresa.

Oh que’ papi! Egli hanno fatto di gran bene alla nostra bella contrada; ma e’ le hanno eziandio fatti di grandi mali, contribuendo, come originalmente contribuirono, a condurne tanta parte nella servitù delli stranieri!

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Lettere scritte al Malespini commissario generale dell’esercito fiorentino contro a’ pisani.


Costi Niccolò non iscrive più come ambasciadore, ma come segretario della magnifica Signoria, e nel tempo che questa s’affaticava per sottomettersi i pisani, i quali, poveretti, sgambettarono un bel pezzo per non diventare sudditi de’ fiorentini.

Quale diritto Firenze s’avesse sulla città di Pisa, non si può scorgere da queste tredici lettere; ma, siccome a quelli tempi non si badava troppo a diritto o a non diritto, è da credersi facilmente che i signori fiorentini, tanto gelosi della propia libertà come lo sono sempre i repubblichisti, volessero distruggere quella de’ signori pisani, non soltanto per mostrarsi veri repubblichisti,