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fiorentini come schietta e naturale una caricata e mostruosa immagine d’un sovrano assoluto, affinché si risolvessero a non averne mai alcuno; e cercando dall’altro di tirare insidiosamente i Medici a governarsi in guisa che s’avessero poi a snodolare il collo, seguendo i fraudolenti precetti da lui con molta adornezza sciorinati in quella sua dannata opera.

Non pare troppo lontano dal vero che l’uno e l’altro di questi due fini si proponesse Niccolò, quando si fece a scrivere quel libro che intitolò // principe e che doveva intitolare // tiranno; e quando sia vero che se li sia proposti, bisogna pur confessare, leggendola, ch’egli la sapeva lunga. I Medici tuttavia la seppero assai piú lunga di lui, che non diedro nel lacciuolo ancorch’egli l’avesse teso con un’arte da ingannarci il diavolo; perché, facendo anzi ogni cosa alla rovescia di quello che Niccolò avrebbe voluto indurli a fare con quel suo scaltro libro, e usando cortesia e liberalitá e beneficenza in casa, e adoperandosi al di fuora con accortezza sommissima, e da principi veri e non punto da tiranni, vennero finalmente ad ottenere col consenso della maggior parte del popolo fiorentino quella sovranitá, che il mal precettore avrebbe voluto veder loro procacciare adoperandosi tirannescamente e secondo i dettati del suo libro. E quali furono i mali che accompagnarono quindi la sovranitá loro? I mali furono, checché Niccolò si fantasticasse o profeteggiasse, che la bella Firenze, la quale per piú di due secoli era stata un albergo di rabbia e di tumulti, una scuola di tradimenti e di discordie, venne sotto il dominio loro a riempiersi poco a poco di costumi grandemente inzuccherati, a convertirsi in una sede di somma pace, d’ogni bell’arte e d’ogni generazione di buon sapere. Tali furono li effetti prodotti da quel governo, che il nostro repubblicone considerava e voleva far considerare da ciascuno come una tirannia da mettere piú paura che non ne mette l’inferno.

Ma l’intiera metamorfosi della sua patria Niccolò non ebbe tanta vita da vederla, come non aveva avuta bastevole sagacitá da prevederla. Pure il suo non averla né veduta né preveduta, anzi il suo essere stato persuasissimo che il principato